Immaginate che qualcuno si presenti davanti a voi e vi proponga il seguente gioco. Dovete tirare una monetina (avete a disposizione un totale di 4 lanci) e comunicare ad un computer settato solo per questo scopo il numero di volte in cui è uscito il segno "croce". Ogni volta che direte di aver ottenuto questo risultato, guadagnerete 5 euro. Tutto si svolge in modo anonimo e senza nessun tipo di controllo. La domanda è: come vi comportereste?
Ebbene, che ci crediate o no, questo esperimento è stato veramente condotto a Zurigo, in Svizzera (si parla quindi di Franchi e non di euro, per la precisione) in occasione di una mostra d'arte contemporanea. Il risultato è stato che circa il 35% degli intervistati ha ammesso di aver ottenuto 4 volte su 4 il segno croce.
Ciò risulta estremamente improbabile, dal momento che le chance che su 4 lanci esca sempre croce sono solo del 6,25%. Colpisce, tuttavia, il fatto che il restante 65% abbia dichiarato il contrario, nonostante nessuno stesse osservando. Certo, è comunque possibile che qualcuno abbia anche in minima parte mentito, senza però esasperare l'esito finale. Credo, tuttavia, che sia legittimo pensare che questi "concorrenti" siano stati verosimilmente sinceri; forse proprio perché il test si è svolto in Svizzera :)
Scherzi a parte, cosa deduciamo da tutto questo? Come afferma l'economista Alexander Wagner, sembra che alcune persone siano motivate da valori intrinseci e "inalienabili", in linea con il pensiero del filosofo tedesco Immanuel Kant, secondo il quale la legge morale non arriva dall'alto, ma giace dentro ognuno di noi. Questi individui, infatti, hanno dimostrato di essere disposti a pagare un prezzo, seppur minimo, semplicemente perché lo ritenevano giusto e conforme ai propri valori.
Come imprenditore e direttore creativo della mia agenzia, mi trovo spesso a discutere con potenziali collaboratori e mi rendo conto di quanto sia importante ingaggiare persone che affianchino al talento e alla preparazione professionale un insieme di valori cosiddetti "primari". Queste considerazioni, infatti, fanno crollare del tutto la necessità di avvalersi dei sistemi di controllo tradizionali e tutti gli sforzi e le energie ad essi dedicati possono invece essere rivolti al perseguimento degli obiettivi. Un'idea all’apparenza banale, ma dagli effetti prorompenti. Se, infatti, l'essere umano fosse in grado di autoregolarsi indipendentemente dai sistemi di sorveglianza e supervisione, credo che potrebbe più facilmente creare valore per se stesso e per le organizzazioni con cui collabora.
Le aziende che hanno iniziato a percorrere la strada dello smart working non possono quindi prescindere da tali considerazioni, che si rivelano fondamentali per costruire quello che, a mio avviso, è il modello di organizzazione aziendale del futuro.
D'altro canto, però, noto grande confusione nella società civile che, invece di promuovere tra le nuove generazioni un tipo di educazione conforme a tali principi, sembra andare nella direzione opposta. A tal proposito, sono rimasto molto colpito dalla proposta di sperimentazione lanciata dal Miur in alcune città italiane di non dare compiti a casa. Ritengo a dir poco paradossale che la scuola favorisca modelli che deresponsabilizzano gli studenti e non li incentivano a sviluppare quelle capacità di autoregolamentazione indispensabili per costruire questo nuovo modello di lavoro e creazione del valore.
Tutto ciò dimostra che in Italia - dove se al gioco della moneta non dici di aver ottenuto 4 volte croce sei considerato uno "sfigato" - la sfida è ancora ardua. È frustrante vedere come nel Paese della creatività, attraversato da una profonda crisi, si rimandi l'opportunità di creare valore attraverso nuovi modelli per un limite culturale. Ecco, quindi, che come dimostra l’esperimento della monetina, quello che fa la differenza è sempre la "testa".