Qualche mese fa ho partecipato allo Iab Forum di Milano e sono rimasto davvero molto colpito da alcuni interventi. Li ho ritenuti interessanti tanto per le idee esposte quanto perché ho trovato in essi un'autorevole conferma ai processi innovativi che sto introducendo nella mia azienda.
Secondo Cindy Gallop, ad esempio, uno dei modelli di business futuri sarà quello di ingaggiare i migliori talenti in circolazione, creando con essi un clima di fiducia e condivisione degli obiettivi. Mentre molti, però, faticano a comprendere le trasformazioni in atto nel mondo del lavoro e non riescono a coglierne le opportunità, c'è già chi comincia a trovare applicazioni pratiche a queste nuove teorie. Un esempio lampante è quello rappresentato dal network di professionisti indipendenti tipico delle "Teal Company".
Tali realtà, in quando liquide, non sono dotate di confini fisici e concettuali ben definiti, ma esistono come organizzazioni di persone che si legano "a rete" per perseguire uno scopo comune. La formula, infatti, consente da un lato di avvalersi di professionisti indipendenti in ogni parte del mondo, di offrire più servizi, senza dover inglobare altre competenze con modalità troppo vincolanti, elevando comunque gli standard di qualità. D'altro canto, è un modo, per i singoli professionisti, di avere pieno controllo sul proprio tempo e di gestire autonomamente orario di lavoro e tempo libero.
Infatti, come ha sottolineato anche Frederic Laloux in un interessante articolo per il Sole 24 Ore:
è plausibile che in futuro il proposito evolutivo, anziché l’organizzazione, diventi l’entità attorno alla quale le persone si raccoglieranno. Uno scopo specifico attrarrà persone e organizzazioni in costellazioni fluide e mutevoli, secondo le necessità del momento. Le persone si collegheranno secondo modalità diverse – tempo pieno, part-time, freelance, volontariato – e le organizzazioni uniranno le loro forze o si scioglieranno, a seconda di ciò che meglio serve allo scopo in un dato momento.
Sul piano concettuale, tale modello garantirebbe inoltre una più equa condivisione di responsabilità, obiettivi e profitti, contrariamente alla piramide gerarchica dell'azienda classica.
Se fate attenzione al mondo che ci circonda, vi accorgerete poi che questo passaggio da una struttura verticale ad una orizzontale non è una prerogativa del business, ma riguarda più o meno tutti i settori.
Nel campo della comunicazione, ad esempio, l'avvento dei social network ha accelerato la tendenza degli utenti a condividere con altri informazioni, emozioni e contenuti, capovolgendo il nostro modo di fruire le notizie (non più unidirezionale/verticale, ma orizzontale, appunto). In economia, d'altro canto, stanno nascendo piattaforme di disintermediazione, che facilitano la condivisione di beni e servizi invece che il loro possesso (si parla infatti di sharing economy in riferimento ad applicazioni come Airbnb e BlaBlaCar).
Insomma, così come in letteratura, in storia, in arte o in filosofia si identificano varie correnti di pensiero che riflettono un determinato momento storico (come il romanticismo o l'illuminismo per citarne alcuni), l'era in cui viviamo potrebbe essere descritta come quella della condivisione. Il web stesso, sin dalla sua nascita, ne è una dimostrazione esemplare.
Mentre nelle altre sfere della vita quotidiana, però, questo fenomeno ha già ampiamente rivelato le sue potenzialità economiche, nel mondo del management tutto ciò è ancora ad uno stadio embrionale.
Il network di professionisti, quindi, potrebbe rappresentare uno dei nuovi modelli di business da affiancare a quelli già esistenti, per cogliere inesplorate opportunità anziché reiterare modelli organizzativi anacronistici.